In un solo botto l’aviazione americana ha ucciso oltre venticinque soldati dell’esercito governativo siriano durante un raid aereo nella regione di Deir ez-Zor, a Est della Siria. E questa volta non “per errore”, come sempre si affrettavano a spiegare i comandi americani per declinare le proprie responsabilità dopo ogni eccidio compiuto. Il motivo? Secondo un portavoce del Pentagono le truppe di Bashar al-Assad avevano pianificato un attacco su larga scala contro le cosiddette Forze Democratiche siriane (SDF), composte in maggioranza da guerriglieri curdi dello YPG, che controllano i giacimenti più ricchi della Siria che fra il 2014 e il 2017 erano stati sfruttati dall’ISIS per finanziarsi. La colpa imperdonabile dell’esercito di Bashar al-Assad sarebbe stata dunque quella di voler riconquistare una fetta importante del proprio territorio nazionale ancora in mano a combattenti graditi e sostenuti dagli Stati Uniti. Da qui l’attacco a stelle e strisce, anche se le circostanze precise sono poco chiare, che in un colpo ha spazzato via più di 25 giovani vite.