Facebook, per bocca di Laura Bononcini, capo della Public policy del social di Zuckerberg, comunica di avere «una squadra numerosa che lavora per sostenere l’integrità delle elezioni in tutto il mondo e le elezioni italiane sono una grande priorità».
In sostanza una conferma dell’impegno preso nei mesi scorsi a esercitare un’occhiuta sorveglianza per evitare il ripetersi di situazioni come quelle che nell’ultimo biennio hanno determinato la Brexit, la vittoria di Trump alle presidenziali USA e, in scala più ridotta, la clamorosa sconfitta di Renzi al refendum.
Nel frattempo si è mobilitato anche il «New York Times» sulle presuente fake news legate all’imminente campagna elettorale italiana. La fonte dell’autorevole quotidiano americano sarebbe un certo Andrea Stroppa, che si occupa di «censura digitale» per il PD, forte della sua passata appartenenza al gruppo hacker noto come Anonymous. Ma siccome in quel periodo il giovane smanettone era «minorenne», ha ottenuto il perdono giudiziale ed è passato da Anonymous a esperto di cybersicurezza di Marco Carrai e Renzi.
In sintesi, abbiamo giornali stranieri che sono la punta di diamante dei poteri globalisti i quali usano i manutengoli del PD come fonti per articoli contro partiti e movimenti di opposizione. E autoproclamati «debunker» che si mettono al servizio del partito di governo, secondo cui «l’emergenza democratica» non sono la RAI e gli altri gazzettieri di regime, ma il blog di Grillo e qualche sito presente in rete.
Dimenticano però di raccontare che il famoso «spread», cioè la gigantesca bufala propagandata da UE e grandi media per togliere di mezzo con un Colpo di Stato il governo Berlusconi, erano stati loro a imporla all’opinione pubblica. A confronto di questo giornalismo, le comiche sono una cosa seria.