Oltre al caso eclatante della Catalunya, oggi si svolgerà un referendum indipendentista che potrebbe avere enormi ripercussioni in tutto il Medio Oriente. Nello stadio di Erbil, “futura città capitale del Kurdistan”, sventola una bandiera gigante con la Stella di David: Israele è infatti l’unico Stato ad aver riconosciuto l’indipendenza, prima ancora che venga proclamata.
Il premier iracheno al-Abadi è il primo bersaglio dei convenuti, e all’interno dell’emiciclo risuonano forti gli inni del pubblico che grida «Amrika, Amrika». E poi «Israil, Israil», perché lo Stato ebraico è un grande sostenitore di Massoud Barzani, presidente dei curdi iracheni. Che dalla Prima guerra del Golfo in poi, nel 1991, ha messo nelle condizioni il Kurdistan di essere uno Stato indipendente di fatto ma non di nome.
Ora il regno di Abu Bakr al-Baghdadi è prossimo alla fine ma ha squassato le fondamenta dell’Iraq. L’esercito iracheno è ancora debole, esausto dopo la battaglia di Mosul. I Peshmerga curdi sono invece più forti che mai, con le armi ricevute a vagonate da Israele, Francia, Inghilterra e Stati Uniti.
L’avventura del califfo ha consegnato al Kurdistan anche nuovi pezzi di territori e soprattutto Kirkuk che, nel 2014, l’esercito iracheno ha abbandonato e poi conquistato dai Peshmerga. Kirkuk è una città dalle mille etnie e religioni, curdi, turkmeni, arabi sunniti e sciiti, cristiani siriaci. I curdi non sono più maggioranza da decenni ma se la vogliono tenere con tutti i pozzi di petrolio. E, visti gli appoggi internazionali di cui godono, molto probabilmente l’avranno.